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#CaboolExpress: mission aborted //

Posted by admin on 22 Feb 2012 / 7 Comments

“Una buona occasione nella vita si presenta sempre. Il problema è saperla riconoscere e a volte non è facile. La mia, per esempio, aveva tutta l’aria di essere una maledizione. ‘Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire…. In quell’anno non volare. Non volare mai’, m’aveva detto un indovino(..)Prendere sul serio quel vecchio cinese e riorganizzare drasticamente la propria esistenza o ignorarlo, liquidando le sue parole come fandonie? ”. Un indovino mi disse, Tiziano Terzani

Credo che oggi sia toccato a me. E i fatti sono andati così.

Conoscete i “fatti di Kabul”, ormai, no? Pare, dicono, non si sa, dei militari USA hanno bruciato una copia del Corano perchè pare, dicono, non si sa, fosse un modo per veicolare messaggi tra insorti.

Evidentemente la popolazione è, appunto, insorta ed ha messo a ferro e fuoco Kabul. Con altrettanto evidenti propagazioni future in tutta l’area.

Come se non bastasse, la notizia della tragica morte a Homs del francese Remi Ochlik e dell’americana Marie Colvin ha gettato un velo di tristezza e dolore su tutti noi.

Insomma, per farla breve, tutta la mattina a leggere le agenzie. Notizie da Kabul via via in peggioramento. Parto, non parto, parto, non parto. Parto.

Ricevere poi un messaggio dell’Ambasciata, a bordo dell’aereo non ancora partito, che dice “Non partire. Scendi da quell’aereo. Tutto cancellato“, e farlo, non ha prezzo. Sono quei momenti di incroci di situazioni e opportunità che possono cambiare una vita.

Più che cancellato è rimandato di un po’ ma insomma…c’è ancora tanta adrenalina addosso.

E così sono sceso dall’aereo e sono rimasto a Roma.

Cosa ho imparato da questa avventura mancata? Tanto. E più avanti ci penserò a mente lucida.

Adesso, a caldo, posso solo essere estremamente grato all’Ambasciata USA a Roma e presso la NATO per l’opportunità offerta e per la fiducia. Sono non solo degli ottimi professionisti ma, col tempo, sono diventati anche buoni amici. Mi auguro che la situazione a Kabul si ripristini velocemente e che tutto venga riportato su binari di buon senso e comprensione reciproca.

Qualcuno mi ha chiesto come mai non sia partito comunque.

Io credo che se, da embedded, affidi la tua incolumità, la tua sicurezza (e quindi, in ultima istanza, la tua vita) a qualcuno, ti devi fidare ciecamente. E se questo ti dice – in qualunque momento – “scendi dall’aereo, non partire, è troppo pericoloso”, tu hai solo una cosa da fare: scendere e non partire. Punto.

E’ una questione di serietà e coerenza.

Detto questo, la faccia dell’hostess che – in aereo, prima della partenza – mi ha sentito parlare al telefono bofonchiando parole come “scendere dall’aereo, pericoloso, tutto annullato, non partire” è stata memorabile. Come pure il momento in cui le ho detto che dovevo scendere. E che poi ho fatto puntualmente.

Scherzi a parte. Ci sono esperienze da fare ed altre che non è il momento di fare. Ci sono momenti in cui si deve capire quando fermarsi ed altri in cui ci si può spingere oltre.

Oggi ho visto la linea rossa. In queste settimane ho studiato la storia e la situazione dell’Afghanistan. Ho pensato alle storie da raccontare, ho raccolto informazioni, preso contatti, studiato l’equipaggiamento giusto. Mi sono preparato fisicamente e mentalmente. Insomma, ero pronto.

Ma evidentemente è andata come doveva andare. E forse lo capirò solo più avanti.  Va bene così.

E adesso i pensieri vanno ai giornalisti e fotografi che hanno perso la vita facendo un lavoro straordinario: raccontarci quello che non possiamo vedere. E che non potremmo vedere senza il loro lavoro.

E’ la straordinaria bellezza del fotogiornalismo.

Io posso aspettare.

Grazie a tutti per avermi seguito sin qui. Ci vediamo presto

Antonio

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