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#caboolexpress: FOB Fahra

Posted by admin on 18 Giu 2012 / 0 Comment

 [Just back from PRT Fahara  – South West Province on the border with Iran. I’m pretty exhausted today so forgive me if I do not post photos other than iPhone shots. There will be plenty of time in the future to sort, edit and show them appropriately. I spent the day at FOB Fahra with US troops that – after briefing – escorted us on armored SUV in the village to meet some of the Elders and the Province Governon – a bright and young politician of the afghan new generation. The Governor has clear ideas about what to do and he’s actually doing pretty well so far.

It was hot, an extremely hot days, and I might have drunk liters and liters of water…. Now I’m dead tired so I’ll go to sleep. We’ll talk tomorrow. A]

[scusatemi, ma da oggi i ritmi sono diventati molto più serrati e posso solo caricare qualche foto scattata con l’iPhone. Ci sarà tempo per mostrarvi il resto…]

Appena rientrato a Kabul dalla provincia di Fahra.

Mettiamola così (e sono fatti): l’Afghanistan è più o meno tra i dieci Paesi più poveri del Mondo (o giù di lì, con buona pace dei fatti, ma ci siamo capiti) e la Provincia di Fahra è tra le zone più povere e meno sviluppate dell’Afghanistan.

Si trova a sud ovest, al confine con l’Iran. Una grande distesa di deserto e montagne brulle. Poca, pochissima acqua, poche zone verdi dove però (ed è un dato di fatto) coltivano un’anguria incredibile.

Fahra è stato teatro di scontri e di sacche di violenta resistenza degli Insurgents (i Talebani).

Ho passato la giornata alla FOB (Forward Operating Base) Fahra con le truppe USA (all’atterraggio – nel bel mezzo del più assoluto nulla – si sono sentiti degli spari in lontananza. Un benvenuto?).

E’ la base dove è locata anche la fob Dimonios degli italiani. Ho provato a chiedere l’autorizzazione ad entrare ma mi hanno risposto che pur essendo felici dell’interesse, etc etc etc, la domanda verrà inoltrata lungo la linea di comando e la risposta avverrà entro 10 giorni. Ricevuto…resto qui.

Insomma, oggi non è stata una passeggiata. E quando ci siamo mossi fuori dalla base abbiamo partecipato ad un lungo briefing con la nostra scorta armata (ragazzi dell’Infantry Airborne, fanteria dell’aria).

Una volta indossato il giubbotto antiproiettile e l’elmetto, entrare nel SUV blindato è stato complicato. Io sono già grosso di mio, così sembravo l’omino Michelin. Ma meglio così, in fondo…

Ti insegnano che qualsiasi cosa può rappresentare una minaccia e che il pericolo può arrivare ovunque (da un cecchino nascosto a una donna col burqa azzurro). Sembra esagerato ma, credetemi, è così.

Ho avuto il privilegio di incontrare alcuni anziani ‘saggi’ delle comunità locali che hanno raccontato su quanto, in effetti, la situazione sia migliorata e su quali siano i programmi previsti per il processo di ‘Riconciliazione’.

Tra una fetta d’anguria ed uno sguardo sorridente, ho capito qualcosa di più su questo processo, anche grazie all’incontro con il Governatore della Provincia di Fahra – Dr. Mohammad Akram Khpalwak.

E’ medico, ha solo 38 anni e gli occhi chiari, il Governatore, ed è stato il più giovane Governatore della storia dell’Afghanistan (e non viene da questa Provincia anche per evitare favoritismi nel trattamento di un tribù a dispetto di un’altra). E sta facendo un gran bel lavoro.

Gli attacchi dei Talebani stanno diminuendo; la popolazione – grazie anche alla presenza delle vicine basi militari ISAF – sta acquistando confidenza e sicurezza nei propri mezzi difensivi. Sempre di più, i militari del nuovo esercito afghano sono in grado di difendere da soli la loro terra. E’ questo è un bene.

Ma soprattutto, il Governatore, ha capito che bisogna ragionare in termini moderni. E lui è giovane. ‘Sono un essere umano, è ovvio che sono ambizioso e mi auguro una bella carriera politica. Ma sono giovane e ho ancora tanto tempo. Adesso devo lavorare bene qui’.

Ha capito che sicurezza e sviluppo economico vanno di pari passo: se non c’è lavoro, se la gente ha fame, i Talebani hanno gioco facile a pescare in un grande serbatoio di disperazione umana.  Maggiori posti di lavoro, quindi, minori i possibili nuovi affiliati ai Talebani.

Ma per farlo occorrono infrastrutture, occorre portare l’acqua, costruire una diga, convertire le piantagioni di papaveri. Occorre avere elettricità!  Quanto è importante l’elettricità…. E quando lo dice indica la frutta che ci ha appena offerto. ù

‘Coltiviamo la frutta migliore del Paese ma dopo pochi giorni dobbiamo buttarla perché non riusciamo a conservarla. Basta solo per il consumo quotidiano e non possiamo esportarla. Non sappiamo come alimentare i refrigeratori…‘

Il processo di riconciliazione messo in atto dal Governatore (nell’ambito di un’azione coordinata politicamente a livello centrale, ovviamente) consiste nel neutralizzare i Talebani convincendoli sull’opportunità di reinserimento nel tessuto sociale.

E intende rivolgersi a chi ‘simpatizza semplicemente’ con i Talebani, a chi li supporta e a chi li finanzia.

E i Talebani che decidono di riconciliarsi si vedono offerti posti di lavoro e garanzie sociali. La chiave è indirizzare gli sforzi ai capi tribù, che porteranno poi con se’ i propri uomini, deponendo tutte le armi.

Ovviamente viene spontaneo chiedersi come la prendano gli altri abitanti della Provincia…che, senza un lavoro, vedono tornare i loro acerrimi nemici e magari se li ritrovano negli uffici pubblici.

A detta della gente della strada, questo va bene. In fondo, si vive meglio in un paese non in guerra e – in fondo – il lavoro arriverà anche per loro.

Inshallah.

Il pranzo a casa del Governatore (tra i suoi uomini della scorta armata) è stato incredibile e piacevole. E’ una persona davvero interessante e prima o poi dovrò trovare il tempo di scrivere qualcosa di più su di lui…

Dopodichè il resto della giornata è passato alla base tra briefing, debriefing.

Ho avuto modo di chiacchierare con molti dei soldati americani della base. E devo essere sincero, sono dei professionisti. Ma oltre ad essere dei professionisti, sono dei ragazzi. Molti dei quali con mogli, fidanzate, famiglie, figli….che nel tempo libero si allenano in palestra e chattano con loro su facebook e su skype. ‘Per sentirsi vicini e non isolati in questo deserto’.

E’ un microcosmo in cui c’è praticamente tutto. Ma tutto è coperto dalla sabbia e da teli mimetici.

Parlandoci, quei ragazzi sono sinceramente convinti di fare qualcosa di importante per l’Afghanistan.

Il Tenente Benjamin Addison, con cui ho passato parecchio tempo oggi. Ha 38 anni e un figlio già di 21 anni. Ne dimostra la metà ed ha un bel cervello. E’ un gran professionista ma anche una persona simpatica, allegra e ottimistica. ‘Devi esserlo qui…’

Ma ci sono anche gli altri ragazzi, due dei quali vengono dall’Alaska! Ora…ditemi voi che ci viene a fare un ragazzo dell’Alaska in Afghanistan con 50 gradi all’ombra… 🙂

Bene, è chiaro che sono stanco morto e che sto scrivendo un po’ a vanvera. Perdonatemi.

Come pure perdonate se a volte mi lascio trasportare troppo e perdo qualche dato fattuale che forse sarebbe il caso di dare.

E’ che sto cercando di percepire più che ascoltare i dati.

Di leggere tra le righe, più che di scrivere statistiche e riportare passo passo ciò che ho fatto.

Non traggo conclusioni; quello lo farete voi alla fine. Mi limito a raccontare e mostrare…

La giornata tra armi, basi, aerei, elicotteri, suv blindati, polvere, sabbia, caldo, voli, atterraggi, corse, rallentate, chiacchierate, traduzioni, pranzi, agnelli e angurie è terminata. Sono cotto e ho bisogno di dormire un po’.

Domani si vola in un’altra Provincia e i militari mi porteranno a conoscere storie interessanti: una scuola e una clinica.

Sono curioso. Curiosissimo…

A

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