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[on the road to Kabul_#6] tecnica e cuore / εμπαθεια

Posted by admin on 01 Feb 2012 / 4 Comments

 1 febbraio 2012

tecnica e cuore / εμπαθεια

Detto tra di noi, quasi sottovoce, tanto non mi sente (o legge) nessuno…a volte questa storia della logistica non mi convince.

Voglio dire, va bene programmare, pianificare, elencare oggetti utili e ragionare su procedure di emergenza. Ma, cavolo, sto per andare in Afghanistan.

Quando ho cominciato ad appassionarmi alla fotografia, l’ho fatto grazie alle foto di Robert Capa. Alle sue immagini dal fronte. Fotografie di guerra ma con uno spessore umano. Mai fredde e distaccate.
Storie raccontate con lucidità ma anche col cuore.

E con tanta empatia.

Empatia. Insieme alla logistica, alla tecnica ed alla fortuna…credo (o meglio, immagino) che questa sia l’altra chiave di volta. Empatia.

Letteralmente, “dentro il sentimento”, “dentro la sofferenza”. Appunto.

Capa non ha mai preso le parti nei conflitti che raccontava (seppur figlio di una cultura e di una società evidentemente schierata) ma ha raccontato non solo il conflitto, la distruzione, la tragedia, la morte ma anche la scintilla di umanità che resiste in qualsiasi situazione.

Mi aspetto proprio questo. Essere catapultato dall’aeroporto di Dubai a quello di Kabul – un po’ come un salto nell’iperspazio del Millennium Falcon – in uno scenario di forte sofferenza sociale.  Un contesto nel quale cercherò di rintracciare le scintille di umanità.
Entrarci, riuscire a sentire quello che sentono loro, sarà il mio obiettivo.

Dopo aver cercato una definizione soddisfacente di “empatia” su Wikipedia, mi ha colpito una frase di Geoffrey Miller (in “The mating mind”) che sostiene che “l’empatia si sarebbe sviluppata perchè mettersi nei panni dell’altro per sapere cosa pensa e come reagirebbe costituisce un importante fattore di sopravvivenza in un mondo  in cui l’uomo è in continua competizione con gli altri uomini”.

Una forma di autodifesa, quindi? Lo vedremo.

Al momento so solo che andrò in Afghanistan e che non me lo aspettavo. So che improvvisamente avrò la possibilità di raccontare qualcosa di enormemente più grande di me e che fino ad ora mi sono confrontato con storie e situazioni che, tutto sommato, capivo facilmente.

Una guerra si può capire nelle sue premesse ma non credo la si possa cogliere nelle sue reali conseguenze finchè non la si guarda negli occhi.

Credo che il compito di un cronista sia proprio questo. Guardare negli occhi, osservare – per quanto possibile – in profondità e raccontare quel che si è visto e capito.

Lasciarsi sprofondare nella storia, salvare le immagini, farsi carico della dignità di chi si è lasciato raccontare. Di chi combatte per una guerra sua, di chi lo fa per una guerra non sua, di chi si lascia vincere e di chi resiste. Di chi distrugge e di chi ricostruisce. Di chi ce la fa e di chi non ce la fa più.

C’è sempre una scintilla di vita anche nella distruzione totale.

Cercherò di ricordare quello che ho imparato con Shoot4Change…. entrare in una storia non è difficile. Uscirne, lo è.

εμπαθεια

(e anche questa volta non rileggerò quanto ho scritto. Salvo e mando online così. Tanto qui, nell’iperspazio, vale tutto no?)

 

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