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Un pranzo clandestino è una “cena clandestina” diventata pranzo.

Cos’è una cena clandestina?

Leggo dal sito:

Un tavolo lungo 20 metri, in un open space enorme, tutto bianco. Una volta al mese, potendo prenotare solo su internet, per un totale di massimo 40 ospiti.

Un grande chef per ogni cena, dei grandi vini, sempre diversi, da bere in abbinamento a dei grandi piatti. Una lunga tovaglia composta dalla sequenza di quelle che gli ospiti porteranno da casa.

Un costo a persona di 60€, con il ricavato totale che andrà in beneficenza (escluso le spese vive: materie prime, pulizia, trasferta treno/auto chef), ogni volta ad una Onlus diversa. Un cortometraggioper ogni serata, che racconterà la giornata dello chef e dei suoi collaboratori durante la preparazione della cena, ma anche gli ospiti, i loro commenti, le loro passioni.

La loocation ideale per le cene clandestine. Una al mese, con un tavolo unico lunghissimo, a garantire convivialità e nuove amicizie, ogni cena un super chef diverso. E’ la sede, tra l’altro, di Shoot4Change, a Roma, in via del Mandrione. La casa che dividiamo con l’amico, e membro S4C, Pippo Onorati.

La cosa è divertente, perché – ad esempio – gli ospiti devono  portarsi da casa la tovaglia, così da rendere l’ambientazione ogni volta esteticamente diversa e simpatica da realizzare insieme quando si arriva alla cena (o al pranzo).

E ogni volta il ricavato (al netto delle spese vive) viene devoluto a una Onlus diversa, scelta dallo chef.

Oggi di chef e maestri di arte culinaria ce n’erano ben tre: Carmelo Chiaramonte, Roberto Liberati e Paolo Parisi col suo camper gourmand.

E’ stato un piacere vederli lavorare insieme, con una contaminazione gastronomica e – letteralmente – tecnologica molto divertente (dall’uso del “pentolo” alla salsiccia inzuppata nel caffè. Cosette così…).

Ma la cosa più bella…più bella davvero…è vedere questa meraviglia avvenire a casa nostra.

Perché quello spazio, quel mega loft al Mandrione, lo abbiamo preso e sistemato per accogliere chi racconta storie e per sperimentare nuovi linguaggi della comunicazione. E per aiutare e dare una chance a chi non sa neanche cosa significhi questa parola.

Con Roberto Liberati, stamattina, concordavamo sul fatto che anche la cucina, questa cucina, questi eventi conviviali, sono Cultura (sì, con la C maiuscola). E’ resistenza culturale, una delle tante trincee culturali che dobbiamo mantenere e difendere con i denti. Soprattutto in questo periodo.

Alla fine non sono solo le idee che ci salveranno, ma anche delle buone salsicce di capra.

E non scherzo 😉

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